Lontana da Odense
viene ospite da me.
Viso e gesti tristi,
nel suo esile corpo
vestito di brina.
Tempesta d’inverno.
Mi adorava perché adorava danzare
snodarsi nella pienezza,
e ornarsi di fiori e splendere.
Come gatto che gioca
voleva restare da me,
ma da Funen vennero a cercarla
la presero, la portarono con se …
e il suo sogno rigela.
Con mani colmi di frutti
versati in vasi di cristallo
mi porge un’ultimo sguardo,
quasi anonima se ne andava
mentre il treno
passava sul binario morto
e la neve,
imbiancava i suoi capelli.
Maria Teresa Stillo
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